Naturalmente il tutto lo si farebbe con più o meno veritiere prove fotografiche e video, testimonianze personali, avvistamenti visivi, documenti dalla dubbia provenienza: il tutto accompagnato dal sorriso scettico e denigratorio di coloro che non credono all’esistenza di tale problematica, o, quanto meno, ne negano l’esistenza a priori, tanto per far i bastian contrari.
Abbiamo già detto, nel capitolo precedente che l’ interesse ufologico si sviluppò, a partire dal 1947, prima con l’avvistamento di Kenneth Arnold e poi col presunto Ufo-crash, di Roswell.
Grazie a ciò, nei primi anni ’50, incominciò a fiorire una certa letteratura, che affrontava un nuovo tema, detto “paleoastronautica”, grazie ad autori dalle diverse estrazioni culturali come Leslie, Jessup (morirà misteriosamente suicida qualche anno dopo), Williamson, dove vengono messe in discussione tematiche di vario genere, dalla storia all’archeologia, dalla religione all’antropologia, sino a scomodare persino le dottrine esoteriche, rivalutando tesi ormai ritenute superate, come quelle di Charles Fort, il primo vero indagatore dei fatti misteriosi. Infatti, Fort, col suo libro dal titolo “Il libro dei dannati” (1919), dove racchiudeva un incredibile campionario di fatti misteriosi realmente accaduti e sufficientemente documentati, per primo ipotizzò, deriso dall’opinione pubblica, l’intervento nella nostra creazione e nell’ordine pubblico della nostra storia, d’intelligenze extraterrestri.
Nel 1953 la famosa commissione Robertson decise quale atteggiamento si sarebbe dovuto tenere sulla questione UFO, non solo negli USA, ma in tutto il mondo. Dal momento che gli UFO non rappresentavano una minaccia, non c’era bisogno di rimettere in discussioni le leggi scientifiche conosciute. Per ottenere ciò c’era bisogno di un sistematico discredito atto ad arginare l’interesse sempre più crescente: un modo di fare che prese il nome di “debunking”.
Il vasto pubblico, meravigliato e incuriosito dalle rivelazioni fornite dai fautori della paleoastronautica, e insospettito sempre di più da sistemi silenziatori, sempre messi in primo piano da ufologi, finisce per appassionarsi sempre più alla tematica ufologia e a coltivare sempre più una cultura del sospetto, del cosiddetto cover-up.Esponenzialmente cresce sempre di più la volontà di conoscenza e la richiesta di nuove notizie eclatanti. Ed è qui che nasce lo sbaglio di alcuni ufologi e autori letterari: al fine di sostenere cose “impossibili” per la scienza ufficiale, vengono inventate e scritte altre ancora più impossibili, talmente facili da confutare e da dimostrare come assolutamente false, da indurre, in breve tempo, un processo inverso di demonizzazione del contesto ufologico e la nascita, verso tale tematica, di uno scetticismo sempre più dilagante, delegittimando così il lavoro di tanti ottimi ricercatori.
Quindi , nel corso degli anni, il discredito maggiore riguardo l’esistenza o meno di alieni e dischi volanti,o come dir si voglia debunking, non è stato dovuto solo alle organizzazioni politico-segrete delle varie nazioni, o agli studiosi dogmatici, bensì a errate interpretazioni, manipolazioni di fatti ed invenzioni di sana pianta, tutti elementi screditativi forniti proprio da chi dovrebbe operare per verificare la veridicità di tale problematica: l’ufologia.
Così contattisti surreali come Adamsky,probabili falsi filmati di autopsie aliene come quelli di Santilli, speculazioni letterarie come quelle di Von Daniken ed altri casi simili, invece di portare le prove dell’esistenza di vita aliena, hanno inverosimilmente contribuito a gettare più di un ombra di discredito su tale tematica.In un lasso di tempo relativamente breve, l’ufologia e la paleoastronautica, così come erano repentinamente nate, altrettanto repentinamente rischiavano di morire. Il progetto Robertson stava avendo un successo insperato e un alleato insospettato:
il vero debunking non sarebbe stato quindi generato solo dai vari enti governativi nazionali, bensì, sarebbe stato creato, grazie a salti nel buio con occhi bendati, dagli stessi sostenitori dell’esistenza di vita aliena!
In questo trattato non interessa all’autore, anche per lo sviluppo dello stesso, approfondire o meno la veridicità di tali congetture, bensì, egli vuole analizzare i fatti storici e le testimonianze osservate nel precedente capitolo lo sono, indipendentemente che esse siano riferite ad oggetti di natura aliena o meno. Così come sono dati di fato quelli che studieremo in questo capitolo.
Ebbene, ora affrontiamo il vero e proprio discorso che ci interessa .
Consideriamo le visioni o i presunti avvistamenti che abbiamo analizzato precedentemente, come reali casi di avvistamento UFO (e consideriamo che essi sono documentati sino ai giorni nostri, passando per le varie epoche storiche,dal Medioevo ai primi ‘500, dall’inizio dell’epoca industriale, tardo ‘700 sino al 2000) e quindi di indizi certi di una vita aliena.
Immagine:il presunto apparecchio ad elica inciso a Monte Alban, attribuito agli Olmechi.
Immagine 2: un quadro, del 1600, che descrive l'apparizione sul cielo di Norimberga di presunti oggetti volanti non identificati.
A questo punto potremmo porci una domanda: se così fosse, quale impedimento negherebbe ad una civiltà aliena (di sicuro molto più evoluta della nostra ed in possesso di notevoli conoscenze scientifiche e quindi anche nel campo militare), capace di attraversare lo spazio per giungere sulla Terra, di mostrarsi pienamente a noi, in una qualunque veste , sia amichevole che nemica?
Dopotutto lo stesso Colombo, con le sue immense caravelle (rispetto alle imbarcazioni indigene), le sue caratteristiche etniche, i suoi armamenti, le sue vesti, dovette apparire, agli occhi degli esterrefatti indigeni, come un essere superiore, non appartenente a questo mondo; eppure ciò non tolse a Colombo la voglia di scendere a terra e instaurare rapporti con le popolazioni indigene cui venne a contatto. E da quei primi contatti nacquero le basi per la successiva conquista e colonizzazione del continente americano.
Si sostiene che gli alieni non abbiano interesse a mostrarsi e che abbiano instaurato connessioni segrete con i nostri governi. Che interesse avrebbe avuto Colombo a non mostrarsi? E cosa potremmo mai offrire a questi alieni, anche in termine di minaccia, che essi non abbiano o che temino?
Personalmente chi scrive è molto scettico su questi punti.
L’esistenza degli UFO, se fosse mai provata, e questa loro reticenza nel mostrarsi, potrebbe d’altronde essere spiegato se tale atteggiamento fosse paragonato all’atteggiamento del nostro zoologo quando studia una specie animale.
Lo studio di una specie animale si effettua cercando di penetrare nel loro habitat, senza creare scompensi ecologici, cercando di essere il meno invadente possibile. Si piazzano telecamere, ci si nasconde fra la vegetazione, si prendono appunti, il tutto senza disturbare assolutamente la specie animale in studio.
Tali appostamenti durano giorni, settimane, a volte mesi interi, ma, nel contempo,l’animale non percepisce affatto questa intrusione nel suo mondo. O, se la percepisce,è talmente di poca rilevanza da non badarci, così continua la sua abituale routine e lo zoologo riempie il suo block notes di appunti che riguardano l’alimentazione, l’accoppiamento, la gestazione della gravidanza, la procreazione, le abitudini sociali ed altro.
Ogni tanto campioni di animali vengono catturati, , studiati, analizzati, per seguirne il loro sviluppo,o, come nel caso di squali, uccelli, delfini, catalogati e contrassegnati per imparare qualcosa sui loro sistemi migratori.
Naturalmente anche gli alieni potrebbero aver bisogno di conoscerci meglio, prima di eventuali contatti: possibile che tutti questi millenni non siano ancora bastati?
Oppure noi non siamo altro che una specie animale da osservare, prelevare (il caso dei presunti rapimenti), analizzare, modificare ( vedi i presunti impianti inseriti dagli alieni in alcuni individui), sezionare (vedi mutilazioni animali), allo scopo di seguire il nostro sviluppo o semplicemente come cavie genetiche?
Il tutto farebbe parte di un grande progetto, incominciato millenni fa ( o forse milioni di anni fa), nel quale noi saremmo, inconsapevolmente, similmente ad animali racchiusi in uno zoo, senza gabbie, con confine solo l’universo che è intorno a noi?
Sembreranno vaneggiamenti di un pazzo e l’autore ammette che non è piacevole vedersi sotto questo punto di vista, ma, ancora una volta, dai popoli antichi ci viene spiegato che questo potrebbe essere più di un semplice vaneggiamento.
Basterebbe rileggere e spiegare i miti della creazione dell’uomo e delle sue origini.
I Dogon, un popolo africano, rivendicano il loro nome e le loro origini da un fantomatico popolo delle stelle, proveniente dalla costellazione di Sirio, dei quali gli stessi Dogon, già all’inizio del secolo scorso, senza l’ausilio di telescopi o altri strumenti, davano un ‘accurata descrizione, sostenendo chiaramente che la stessa stella Sirio era composta in effetti da due stelle, conosciute oggi come Sirio A e Sirio B (questa, una stella nana che ruota intorno a Sirio A, è assolutamente invisibile ad occhio umano) e che la durata di orbita della seconda rispetto alla prima era di cinquanta anni (come esattamente è).
Essi sostengono l’esistenza di un dodicesimo pianeta, oltre agli undici a noi già noti, da cui sarebbero provenuti gli antichi progenitori.
In effetti, al di fuori del nostro sistema solare, e con un’orbita che intersecherebbe tra Marte e Venere ogni 3600 anni, pare veramente che esista un pianeta sino ad ora sconosciuto.
le tradizioni dogon su Sirio e su un dodicesimo pianeta paiono far parte anche del retaggio egizio e sumerico.
I sumeri infatti narrano che le loro origini sono dovute ad un popolo, chiamato Anunnakki ,proveniente da un ‘altro pianeta, che solo occasionalmente, in un’orbita dal periodo lunghissimo, si avvicinerebbe alla nostra Terra.
Cambiamo continente e troviamo i Kappas giapponesi. La loro origine sarebbe tuttora misteriosa. Secondo quanto affermato da Kitamura, archeologo e storiografo giapponese:
“ I Kappas erano delle creature strane che negli antichi testi vengono descritte come simili all’uomo, ma caratterizzate da gravi malformazioni, poiché appaiono con arti palmati o muniti di tre dita terminanti con artigli. La loro pelle è bruna..la loro testa sottile e le orecchie grosse, con occhi triangolari. Sulla testa portano sempre un curioso cappello dal quale fuoriescono quattro lunghi aghi ed il loro naso ha l’aspetto di una proboscide che si appoggia sulle spalle terminando indietro, dove si congiunge ad una specie di gobba a forma di cassetta (N.d.A.: si tratta forse di cosmonauti che indossavano tute spaziali?)”
Immagine3: due statue giapponesi preistoriche.rappresentano creature vestite con una sorta di scafandri con lenti simili a quelle polari (usate per difendere la vista) e con elmi collegati a tali scafandri tramite bullonatura. Sono rappresentazioni dei mitici Kappas?
Spostiamoci da un paese all’altro, sempre rimanendo nell’area dell’Oceano Pacifico e andiamo a conoscenza degli esseri alieni australiani, dal nome impronunciabile: Namumaurkunjurkunju. Sono fra i piu' singolari esseri alieni, oggi considerati antenati-lucertola venuti dallo spazio per diffondere la Conoscenza. Questo curioso antenato aveva al seguito un'"equipe" di Esseri noti come "Numbakulla". Le tradizioni delle popolazioni autoctone australiane parlano di esseri molto diversi dall'uomo odierno: avevano palpebre calate sugli occhi, orecchie chiuse, membra incollate su un corpo informe poiche' risultavano essere uniti l'uno con l'altro. L'equipe celeste dei Numbakulla intervenne geneticamente su quegli esseri "separandoli e dando loro libertà di membra". Namumaurkunjurkunju sorvegliava dall'alto e, a operazioni compiute, scese in terra e istruì gli esseri su come ci si potesse unire per procreare...
Il divino alieno continuerebbe tuttora a sorvegliare dall'alto l'evolversi di questo mirabile esperimento di alta ingegneria genetica. Sempre in Australia, presso le tribù Aranda e Kaitish si tramanda una storia interessante:... quando il Tempo era un sogno, volò sulla Terra un popolo di extraterrestri, noti come "Ulla-Kupera"; questo popolo di alieni "trasformò molte creature non finite in uomini e donne". Terminato il loro compito, gli alieni tornarono ai sentieri celesti alla volta di altri lidi inesplorati. La realtà divenne cronaca e la cronaca fu leggenda?
Alfred Metraux, nel suo studio sulle credenze e sulle cerimonie religiose dell’isola di Pasqua, ricorda come:
“vi era un tempo in cui la cerimonia religiosa più importante ricordava l’arrivo dell’uomo uccello sull’isola, in un’era in cui i cieli erano solcati da apparecchi che non potevano essere di origine terrestre..impossessarsi dell’uovo significava diventare uomo-uccello, simile agli dei discesi dal cielo…arrivano gli uomini volanti, gli uomini col cappello che volano….”
Naturalmente Metraux, essendo inanzitutto uno scienziato e dovendosi, di seguito, attenersi ai fatti, dice e non dice, lascia capire che dietro la leggenda potrebbe esserci qualcosa di più reale.
Naturalmente l’autore chiede al lettore di tener conto anche dei testi indù trattati nei capitoli precedenti.
Passiamo al continente americano e ritroviamo di nuovo questo insistente, allusivo, continuo attribuire le nostre origini ad esseri che non sono di questo pianeta.Gli indiani Hopi, discendenti della stirpe Maya, narrano dell’arrivo su questo mondo dei Katchinas, i “maestri della stella Blù”, provenienti dalle stelle per formare gli uomini e donar loro la civiltà. Tali esseri scesero sulla Terra nel tempo della Creazione e che lasciarono una pietra divinatoria dove sarebbero stati segnati vari eventi da divenire in futuro ( fra cui la II guerra mondiale, rappresentata da una svastica), compreso la data del loro ritorno.
Due Katchinas sarebbero poi sopragiunti in un secondo momento, sopra una tartaruga (un disco volante?) a portare insegnamenti.
I Chippewa e i Sioux narrano che Wakon ( da Wako, che significa sacro) scese tra gli uomini tra una moltitudine di Uccelli del Tuono ( altri dischi volanti?), anch’esso spesso rappresentato a bordo di una tartaruga. Gli Hav-musuvs che “viaggiano a bordo di canoe volanti”, che si muovono con un lieve suono ronzante e sono forniti di armi manuali a forma di tubo, capaci di stordire generando una sensazione pungente (come una scarica elettrica?), sono dominio della razza Navaho. Secondo tutte queste tradizioni l’umanità non sarebbe nata naturalmente, ma venne creata per asservire questi esseri spaziali, come schiavo e lavoratore, milioni di anni fa ( e con ciò potremmo trovare un punto di incrocio con i fossili umani precedentemente trattati).
In effetti l’uomo sarebbe stato un animale geneticamente modificato e questi nostri “creatori” ci avrebbero aiutato, con conoscenze ed insegnamenti, nei vari stadi della nostra storia.Tale forma di pensiero è uguale ai miti sumerici sopra accennati, e similmente ai miti sumerici, il pianeta di provenienza di tali alieni dovrebbe essere visibile a noi alla fine di questo ciclo( gli indiani dividono l’età della Terra in cicli e questo sarebbe il quinto). Gli Hopi sostengono che questo pianeta ( o stella) ha l’aspetto luminoso blù e ha una “croce sul viso”: Niburu, secondo lo studioso di tradizioni sumeriche Sitchin (uno dei pochi a saper leggere i caratteri cuneiformi) ,il dodicesimo pianeta del sistema Solare, veniva rappresentato dai sumeri con il simbolo della croce.
Croce che è anche il simbolo religioso (Ankh) egizio, della tradizione giudaico-cristiana, in alcune tradizioni indù e meso americane. Tutto un caso?
Un’altra coincidenza: anche i Katchinas, come i Dogon, gli Annunaki, i dei della mitologia egizia ed altri, provenivano dalla Stella del Cane (Sirio).
Andiamo sulle rive del lago Titicaca, dove sorge il maestoso complesso di Tiahuanaco, in Bolivia, con la sua complessa Porta del Sole (forse erroneamente collocata nel posto dove è ora) e andiamo a studiare gli scritti di Garcilaso de la Vega, storico all’epoca della Conquista spagnola (tardo 1500) riguardo le credenze sulla creazione dell’umanità tramandate dai popoli locali:
“Nell’era terziaria, circa cinque milioni di anni fa, quando nessun essere umano esisteva e il nostro pianeta era popolato da animali fantastici, un’aeronave brillante come l’oro venne a posarsi sul lago Titicaca. Da essa discese un essere simile alle donne terrestri, ma con la testa conica, grandi orecchie e mani palmate, a quattro dita. Il suo nome era Orejona (grandi orecchie) e proveniva dal pianeta Venere. Orejona camminava diritta, era dotata di intelligenza ed aveva il compito di creare l’umanità, dando alla luce settanta figli. Un giorno, creata la razza terrestre e compiuta la sua missione, Orejona ripartì. I suoi figli, in seguito, procrearono a loro volta e la tribù sul lago Titicaca, rimasta fedele alla sua memoria, conservò i miti religiosi e rappresentò il punto di partenza per le civiltà preincaiche”
La descrizione morfologica di Orejona è associabile agli uomini pesce presenti nelle leggende mesopotamiche degli Oannes, dei Kappas giapponesi, dei Dogon del malì. In quanto alla stessa città di Tiahuanaco, benché gli archeologi ritengono che sia stata costruita dagli Incas, bisogna far notare come al tempo della conquista di Pizzarro del Perù, gli stessi Incas affermarono, più volte, di aver conosciuto la città quando era già in rovina.
Sommando tutti questi elementi, a semplice scopo di fornire un punto di vista, potremmo osare rileggere parzialmente la nostra tradizione biblica sulla creazione dell’uomo. Sarà semplicemente un gioco, ma estremamente curioso. Dio ( un essere superiore, o per meglio dire un’equipe di esseri alieni, altamente progrediti nel campo della ricerca genetica) “costruisce” l’uomo, a sua immagine e somiglianza ( fornendolo però di elementi capaci di adattarsi al diverso ambiente del nostro pianeta, allora niente probabili branchie, ma polmoni capaci di catturare e trasformare l’ossigeno, niente mani e piedi palmati ma con dita, fra cui il pollice,( che, ricordiamolo, è l’arto opponibile che ci distingue dai primati e che ci consente diversi movimenti e prese), lo fa vivere in una sorta di paradiso, dove l’uomo si nutre dei frutti (probabilmente modificati anche loro per attecchire sulla Terra) che spontaneamente sorgono ( a mò di abituarlo a ciò che troverà sulla Terra), infine lo caccia dal paradiso, mandandolo sulla Terra dove dovrà sudare per ottenere il cibo, dove sarà attentato da animali pericolosi da cui dovrà impararsi a difendere (vedi la storia del serpente)e dove la donna imparerà a mettere al mondo dei suoi simili.
La cacciata del paradiso (il pianeta originario) e l’arrivo su un nuovo pianeta (la Terra) sarà stato sicuramente motivo di grande costernazione e paura da parte di quei primi “eletti” strappati dal loro habitat pacifico e tranquillo per essere catapultati in una realtà sconosciuta e pericolosa.Gli esperimenti genetici continuano sino ad ottenere la razza “pura” vera e propria.
D’altronde pensare che solo Adamo ed Eva abbiano potuto popolare la Terra implica problemi che, oltre ad essere di natura semplicemente numerica, sono anche di matrice prettamente costumistica, in quanto ciò avrebbe portato, nelle prime generazioni, ad una storia di intrecci a sfondo sessuale tra fratelli e sorelle,fatta di incesti più o meno voluti, chiaramente in antitesi con le volontà e gli insegnamenti della Chiesa. Questi stessi incesti avrebbero potuto portare a alterazioni genetiche non volute ( è il caso delle varie razze di uomini primitivi?), per cui sarebbe più idoneo identificare Adamo ed Eva come capostipiti di una razza poi creata geneticamente, con opportuni cambi in corsa, alla stregua di semplici catene di DNA, da manipolare a piacimento.
Il motivo? Potrebbe essere lo stesso che ci spinge oggi a clonare una pecora, a cui abbiamo affettuosamente dato il nome di Dolly: semplice ricerca scientifica, voglia di onnipotenza, di abbattere determinati confini culturali e sociali, di verificare nuove tecniche e capacità, e quanto altro ancora.
Ultimamente abbiamo fatto passi avanti nella ricerca scientifica, soprattutto a partire da quel lontano 1947, quando si verificò quell’inatteso ( e mai provato del tutto) UFO-crash, nella lontana Roswell, in Texas. Da allora abbiamo subito un’accelerazione scientifica in grado di portarci in pochi decenni dalla radio a transistor alla conquista della Luna, dal telegrafo a fili ai satelliti sparsi in orbita nello spazio, dai calcoli a mano ai grandi computer. In tutto questo vi è chi vi ha visto l’intervento ( o l’interferenza) di un’altra civiltà, proveniente dallo spazio, o la conoscenza derivata dal fatto di aver saputo ben interpretare nozioni giunte sino a noi e contenute in quei rottami spaziali ( infatti sarà di pochi anni dopo l’invenzione delle fibre ottiche e dei microprocessori). Forse i governi mondiali avranno capito qualcosa di più sulle nostre origini e tali civiltà extraterrestri avranno ritenuto svelarsi solo a loro e istruirli in materie di conoscenza sia sulla nostra origine che in campo scientifico, tenendo all’oscuro la massa mondiale,onde evitare un collasso del nostro ecosistema sociale, religioso e politico, con danni irreparabili. L’unica condizione dettata da queste forze extraterrestri è la possibilità di continuarci a studiare, prelevando elementi umani e animali, facendo test, al fine di creare nuovi ibridi adattabili forse ad altri pianeti ancora, il tutto con la connivenza dei governi mondiali, interessati a scambi di informazioni tecnologiche.
Naturalmente quest’ultima parte è solo un gioco di fantasia di chi scrive e,magari, di chi legge, il quale tende, con esso, di dare un nuovo angolo di luce a questa prospettiva, dalla quale, comunque, chi scrive mantiene un atteggiamento distaccato, da semplice osservatore, in quanto da sempre definitosi un moderno San Tommaso (se non tocco,non credo).
Naturalmente una prova concreta di queste interferenze aliene nella nostra origine non è stata trovata: fa semplicemente parte di quel bagaglio culturale che l’uomo, in vari posti della Terra, si porta con sé come fardello di ricordi. Ricordi da cui sono poi nati i miti e da cui un giorno, forse , rinascerà la nostra vera storia.
Potremmo concludere quest’ articolo con un’affermazione molto semplicistica: gli UFO hanno potuto e potranno in futuro volare sulle nostre teste, potranno essere visti , fotografati, filmati, ma forse la loro unica, vera, testimonianza si trova fra quelle pergamene, pietre antiche, nelle foreste tracciate, tracce enigmatiche del tempo che tali sono rimaste.
In ogni modo, i popoli, antichi e non, del mondo conservano comunque un sapere e una cultura da riscoprire e da tenere in maggiore considerazione come patrimonio dell’intera umanità.
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