Tutte le leggende sulle "mappe misteriose" di Piri Reis, Finaeus, Buache... che avrebbero rappresentato l'Antartide con secoli di anticipo rispetto all'effettiva scoperta, hanno preso origine da un libro in particolare, "Maps of the ancient sea kings" pubblicato nel 1966 da Charles Hapgood. L'autore nella prefazione dichiarava di essersi però ispirato alle idee del capitano Arlington Mallery che scrisse nel 1951 "Lost America: The Story of Iron-Age Civilization Prior to Columbus".
Ho acquistato il libro di Hapgood, e sono rimasto davvero sconcertato nel leggerlo. Non mi sembra possibile che uno studioso, per quanto "dilettante" in campo cartografico come lui stesso si definisce, possa fare un lavoro così in apparenza meticoloso, ma che si rivela invece estremamente superficiale e disinformato.
Hapgood non tiene in alcuna considerazione le note e le didascalie presenti nelle diverse carte, nemmeno quelle ben chiare e leggibili, che definiscono i nomi di certe regioni geografiche. Sembra invece interessato solo a dimostrare a tutti i costi, negando pure l'evidenza, che quella terra che compare in tanti mappamondi e carte del XVI secolo è l'Antartide e le numerosissime prove contrarie non gli interessano.
Ad esempio a pag 66 e 103 pubblica alcuni particolari del mappamondo di Mercator del 1659 affermando senza mezzi termini che l'autore vi ha raffigurato l'Antartide. Riporta perciò su una sagoma basata sul disegno di Mercator tutti i riferimenti geografici della moderna Antartide, promontori, baie, mari... e tace l'informazione più evidente che viene fornita proprio dalla stessa carta in esame. Quella grande terra al di là dello Stretto di Magellano è chiaramente definita da Mercator "Terra del Fuego".
La Terra del Fuoco infatti, fino alla sua circumnavigazione nel 1622 veniva ritenuta la parte più settentrionale di un favoleggiato ed enorme continente australe, la "Terra Australis Incognita" che compare con questa precisa dicitura in moltissime mappe. La Terra del Fuoco era già stata parzialmente costeggiata, promontori e insenature erano già stati chiamati (anche sulle mappe) con i nomi che portano ancora oggi.
Ma a Hapgood questo aspetto della storia delle esplorazioni e della cartografia non interessa, quindi non si cura delle pur precise informazioni che si trovano sulle mappe. Ad esempio in nessuna pagina del libro è citata la "Terra Australis Incognita". Nemmeno nei capitoli sulle carte di Finaeus o di Mercatore in cui la dicitura, così come in tante altre carte dell'epoca, è così ben in evidenza.
Nell'illustrazione seguente un particolare del mappamondo di Jodocus Hondius del 1608.
Hapgood decide a priori che quella terra oltre lo stretto di Magellano "deve" essere l'Antartide e inizia così a deformare, stirare, ruotare, correggere le carte per far in modo che qualcosa corrisponda a qualcos' altro. E non ci riesce perché le due cose, mappe antiche e Antartide non corrispondono mai. Prova anche a citare il "profilo sismico" ma così assomiglia ancora meno, infatti su questo profilo sismico non mette numerini per far tornare i conti e lo pubblica in una pagina per conto suo senza confrontarlo con le mappe antiche. Oltretutto il "profilo sismico sub glaciale" del 1958 pubblicato da Hapgood si è poi rivelato inesatto, quello rilevato più di recente con moderni strumenti ha rivelato un profilo ben differente.
Per far tornare i conti, e i riferimenti numerati tra la carta di Reis e l'Antartide, Hapgood deve scrivere "omission of coastline" in tre punti . Ovvero, la mappa di Piri Reis è così precisa che... è piena di errori e omissioni, e solo amplificando questi presunti errori (la sparizione di lunghissimi tratti di costa, o la mancanza dei 1000 chilometri di mare tra la Terra del Fuoco e la Penisola di Palmer) può arrivare a dire che quella estremità della mappa rappresenta la lontana Antartide. Ecco il "collage" fatto da Hapgood per riuscire a dare un senso alla mappa di piri Reis:
Alcune parti vengono girate in un senso, altre al contrario, cambiano scale, misure, distanze, vengono inserite "omissioni" per far tornare i conti...
Ma ci sono anche altri indizi che mostrano la superficialità di Hapgood. A Pag. 99 parla della "remarkable map of Hadji Ahmed" del 1559 e ne descrive l'incredibile precisione nei dettagli della costa americana sull'oceano Pacifico, non ancora completamente esplorata. Una bella riproduzione di questa mappa compare a piena pagina, ma impietosamente rivela in alto a destra la dicitura: Decembre 1865.
Si tratta di una incisione realizzata in Francia in quell'anno, che riproduce l'antica mappa di Ahmed con le inevitabili correzioni rispetto all'originale, dovute alle moderne conoscenze geografiche. Infatti l'originale è molto più approssimativa, ma Hapgood non la pubblica. Dell'originale non ne esiste una sola copia, e ne rimangono solo pochi esemplari di una edizione del 1795.
Hapgood sa che la carta di Ahmed non è altro che una rielaborazione più aggiornata di quella cordiforme di Finaeus del 1534 (a pag 234 riporta un commento di A.E. Nordenskiöld a questo proposito), ma ribadisce che secondo lui le carte sono molto diverse.
Certamente sono diverse, ed è anche ovvio. In quella più antica le coste dell'America appaiono molto più approssimative e congetturali, non essendo ancora state ben esplorate, mentre nelle versioni realizzate secoli dopo (soprattutto nella versione del 1865 da lui pubblicata) questi errori sono stati in parte corretti.
Da questi confronti possiamo vedere come in ogni periodo storico, molte mappe venivano disegnate basandosi su modelli precedenti, aggiungendo le nuove conoscenze dovute alle più recenti esplorazioni delle nuove terre appena scoperte.
Hapgood pubblica anche la carta di Philippe Buache del 1739, e pure in questo caso afferma senza esitazioni che la carta conterrebbe una rappresentazione dell'Antartide. Ma non cita una sola parola delle fittissime note, scritte in francese, che gli avrebbero invece permesso di capire cosa era realmente raffigurato: la descrizione del viaggio de capitano Bouvet e una "congettura" sulla forma del mitico continente australe basata su pochi tratti di terra raggiunti fino a quel momento.
Forse Hapgood non conosceva il francese, perchè altrimenti un tentativo l'avrebbe fatto. O forse non l'avrebbe comunque fatto se ciò avesse minato le basi delle sue strampalate teorie. Oltretutto Hapgood non pubblica l'altra versione della stessa carta di Buache, quella senza nessuna "congettura" sulla forma del continente australe, ma che descrive solo le poche terre davvero toccate dagli esploratori fino a quell'epoca:
A pagina 67 di "Maps of the ancient sea kings" è pubblicata un'altra carta di Buache, che rappresenta la parte di Oceano Atlantico tra il Brasile e l'Africa. Hapgood nota subito e commenta con grande enfasi alcune grandi "isole" al centro dell'Atlantico e le confronta con quelle che compaiono nella carta di Piri Reis. Anche in questo caso però nella carta di Buache compare una dicitura precisa, in francese: "seches et bas-fonds", ovvero secche e bassifondi, pericolosi per i navigatori e quindi segnalati nella carta nautica. Possibile che Hapgood non abbia notato questa dicitura?
Ma mettiamo pure per ipotesi che le secche fossero ciò che resta di antichissime isole... Una cosa che uno studioso serio avrebbe dovuto fare è verificare cosa scrive Piri Reis di fianco alla misteriosa isola al centro dell'Atlantico: "E questa caravella avendo incontrato una tempesta fu guidata su questa isola. Il suo nome era Nicola Giuvan. Ed in quest'isola c'è molto bestiame con un corno. Per questa ragione loro chiamarono quest'isola "Isle de Vacca", che significa isola del bestiame."
L'impressione è che Piri Reis abbia trovato il racconto di un navigatore e abbia arbitrariamente disegnato un'isola lungo la probabile rotta percorsa dalla nave, non certo che si sia ispirato ad antichissime carte che raffiguravano isole al centro dell'Atlantico.
Vogliamo parlare di come Hapgood tratta la carta di Finaeus del 1531? Afferma senza mezzi termini che si tratta di "a truly authentic map of the real Antarctica". Ma visto che la sagoma non combacia (ed è oltretutto enormemente più grande della vera Antartide giungendo a lambire addirittura il Tropico del Capricorno) Hapgood è costretto a ruotarla, stirarla, deformarla. Poi, visto che ancora non combacia, decide di spostare il Polo Sud di 1000 km e decide che quello che Finaeus chiama chiaramente "Tropico del Capricorno" in realtà sarebbe il "Circolo Polare Antartico". Ma allora quello che il cartografo chiama "Circolo Polare Antartico" cosa sarà stato mai?
La ricostruzione dell'Antartide basata sulla carta di Finaeus, secondo C. Hapgood.
Il confronto tra la Terra Australis Incognita di Finaeus e la vera Antartide.
In tutto questo gran lavoro di "interpretazione" Hapgood tace una informazione essenziale: Finaeus ha chiaramente scritto su quel grandissimo continente la frase "Terra Australis Recenter inventa sed nondum plene cognita", ovvero Terra Australe scoperta di recente ma non completamente esplorata. La stessa dicitura che compare in moltissime carte cinquecentesche per definire la Terra Del Fuoco, scoperta da Magellano nel 1520, che si pensava fosse l'estremità di un grande continente.
Il capitolo 5 di "Maps Of The Ancient Sea Kings" è dedicato al Portolano di Dulcert, che viene messo a confronto con altre mappe del Mediterraneo. Qui Hapgood raggiunge una delle vette dell'assurdo. Confronta infatti il Portolano di Dulcert del 1339 con una carta basata sui concetti geografici di Tolomeo (II secolo dopo Cristo) e afferma che è incomprensibile che una carta disegnata nel "medioevo", da oscuri marinai che avevano come unico strumento una bussola, possa essere più precisa di una basata sugli studi del più grande studioso di geografia dell'antichità, che aveva a sua disposizione tutti i libri della Biblioteca di Alessandria e l'assistenza dei più grandi sapienti dell'epoca. Quindi secondo Hapgood chi disegnò il portolano di Dulcert, 1000 anni dopo Tolomeo, deve per forza aver avuto accesso a informazioni antichissime e molto più precise di quelle di Tolomeo!
In grigio (da Hapgood): una carta basata sulla geografia di Tolomeo confrontata col Portolano di Dulcert. A destra il Portolano di Dulcert.
Non sto scherzando. Tutto questo delirio si trova alle pagine 10 e 11 di "The Maps of the Ancient Sea Kings": "Ptolemy is the most famous geographer of the ancient world. He worked in Alexandria in the 2nd Century a.D, in the greatest library of the ancient world, He was acquainted with mathematics. He shows, in his great work, The Geograhia (168) a modern scientific mentality. Can we lightly assume that the medieval sailors of the XV century, without any of his knowledge, and without modern instruments except a rudimentary compass - and without mathematics - could produce a more scientific product?"
Possibile che Hapgood non si renda conto dell'importanza scientifica che ebbe l'uso della bussola per la cartografia? Davvero pensa che i testi dei filosofi dell'antichità potessero essere più precisi di una bussola, per quanto rudimentale, nel fornire le basi per realizzare una carta geografica del Mediterraneo? Questa non è solo "affascinante ingenuità" (come è scritto nell'introduzione di John K. Wright a Maps Of The Ancient Sea Kings), è un difetto ben peggiore.
Ma si potrebbe andare avanti così per molte altre pagine, perché il libro è pieno di "perle" di questo tipo. Ed è sulla base di questo libro che negli ultimi decenni si sono costruite le più fantasiose teorie a proposito di carte geografiche che nessuno storico, geografo o cartografo aveva mai considerato "strane". Nessuno le considera strane perchè in tutti gli studi sulla storia della cartografia e delle esplorazioni ci sono capitoli sul mito della Terra Australis e sul fatto che questa terra venisse di volta in volta identificata, man mano che i navigatori si spostavano più a sud, nelle nuove terre appena scoperte. Che poi si rivelavano isole e non parti di quel mitico continente.
L'unico a non conoscere bene gli argomenti di cui parla sembra essere proprio Hapgood, deciso a dimostrare le sue teorie manipolando e distorcendo e spesso nascondendo informazioni. Comunque è stato bravo, ha avuto molto successo. Sono i suoi libri e quelli dei suoi epigoni che si vendono a milioni di copie, non quelli più seri che trattano di storia della cartografia.
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